[Di Tania Dachille]
Lo spiegherò con una storia..(vera)
Sono al secondo anno delle superiori e avrò all’incirca quindici anni. Tendenzialmente sono una persona tranquilla e solitaria ma, non fraintendetemi, mi piace stare con le persone, parlare, ridere e divertirmi, solo che non mi piace farlo con chiunque.E’ un giorno qualsiasi, quasi al termine dell’intervallo e sto ripassando per un’interrogazione, non mi sono accorta dell’orario, sola scendo veloce le scale che mi portano nell’atrio, giro a destra e percorro il lungo e largo corridoio che lo collega al bar dell’istituto, sperando che non fosse troppo tardi e poter prendere qualcosa da mangiare, fortunatamente noto che c’è ancora gente.
Avvicinandomi però mi accorgo che è un gruppo di circa 10 ragazze che conosco di vista, e che non mi sono molto simpatiche, fanno le bullette ovunque e con chiunque risulti più debole secondo loro, le ho viste spesso in metropolitana a insultare la solita ragazza grassottella, la chiamano in molti modi, tutti offensivi; spesso sono all’uscita di scuola dedite a spintonare o a prendere in giro chi non ha un abbigliamento di marca.
So chi sono e sbuffo perché proprio non mi va di passare li in mezzo, comunque ho fame perciò decido di accelerare il passo nella speranza di non essere infastidita.
– ehi e tu dove pensi di andare?
– al bar
– ecco brava compra una focaccia pure a me
– e perché dovrei? compratela da sola
Cala il silenzio, mi sudano le mani e il cuore mi batte a livelli mai raggiunti, ho paura, non mi sono resa conto subito che durante quella breve conversazione le compagne si sono mosse con una rapidità sorprendente formando un cerchio attorno a me.In men che non si dica la LEADER, annunciando alle compagne che andavo “sistemata”, mi prende per i capelli costringendo il mio corpo a piegarsi in avanti e con altrettanta velocità mi sferra prima un calcio in pieno stomaco, poi, caduta a terra, me ne sferrano altri due.
Una voce adulta grida – ehi! che state facendo??!!.. tornate in classe, subito!
Essendo stata interrotta la leader, che qui chiamerò ANGELA, molla la presa e mi promette che non è finita li. Resto piegata in due dal dolore mentre le compagne mi passano di fianco, alcune si limitato ad insultarmi, altre a ripetere che ci sarebbe stato un seguito, altre ancora mi tiravano schiaffi sulla testa.
Mi rialzo a fatica, il bar è ormai chiuso, corro in bagno a piangere e noto l’impronta di una scarpa sulla mia maglietta bianca, che provvedo a togliere immediatamente e a buttare.
Come glielo avrei spiegato a mia madre?
Mi copro con la felpa e torno in classe ammutolita prendendomi pure una sgridata dalla professoressa per il ritardo. Nella testa un turbinio di pensieri, come torno a casa? E se mi aspettano fuori dalla scuola? E se le incontro in metro? E se quando torno a casa mia mamma si accorge che ho qualcosa che non va? lei si accorge sempre, ho fatto bene a buttare la maglietta.
Sono a casa, tutto è filato liscio, le ragazze non le ho viste e mia madre si è bevuta la mia storia che non mi sento bene per via del mal di stomaco, cosi mi metto a fare i compiti ma non riesco a concentrarmi, una sola domanda nella testa: PERCHE’?
Perché alcune persone si divertono cosi? Perché a me? Ma cosa ho fatto? Davvero pretendeva che le compravo la merenda? E mi sono presa le botte perché mi sono rifiutata. È assurdo!
E quella frase carica d’odio e di eccitazione: non è finita qui!
Ho paura io non vado a scuola domani! e, Ok, e dopodomani? Non si sarebbero fermate.
Non potevo comprarle la focaccina che voleva solo per paura di prendere le botte, anche perché, poi, l’avrebbe pretesa tutti i giorni, allo stesso modo non potevo permettermi di dimostrare paura altrimenti mi avrebbero perseguitata per anni, come già fanno con altre vittime.
No. Non potevo permetterglielo!
Prendo il coraggio a due mani esco di casa e mi dirigo a casa di Angela, so dove vive, voglio parlarle e chiederle quale sia il suo problema con me, non ci conosciamo, non ci parliamo, non siamo nemmeno nella stessa classe e io mi rifiuto di credere che dietro a una così grande crudeltà non ci sia un vero motivo, doveva esserci! e io volevo conoscerlo.
– Chi è?
– Salve signora sono Tania una compagna di scuola di Angela, c’è?
– Certo te la passo
Al citofono non viene nessuno ma sento una voce dall’alto mi chiede urlando cosa caxxo voglio, alzo la testa e la vedo affacciata ad un balcone del terzo piano.
– Voglio che scendi e mi spieghi perché oggi hai fatto quello che hai fatto e perché a me
Non mi da risposte e non scende, mi caccia via, ovviamente caricandomi d’insulti. Capisco ancora meno, mah andiamo da Sabrina, mi sembra che si chiami così, e quella con i capelli rossi che sta sempre accanto ad Angela;
la scena si ripete, anche Sabrina non scende e mi caccia a suon di parolacce e minacce. Sono sempre più perplessa e stupita, non so perché, ma questo loro comportamento sta pian piano scacciando la mia paura, cosi vado dalla terza ragazza Roberta che abita due vie più in là.
Ma non faccio in tempo a presentarmi al citofono che la madre è già pronta ad affrontarmi ed è lei stessa che mi invita ad andarmene, minacciandomi di chiamare i carabinieri se non lo faccio.ASSURDO è dire poco, ma come, sua figlia mi picchia e lei chiama i carabinieri? scoppio in una risata senza tempo, ho riso per tutto il viaggio di ritorno a casa, ho riso cosi tanto che mi faceva male la faccia, ma com’era possibile?
Cioè, fatemi capire come funziona: sono pericolosa e forte e ti picchio se sono in mezzo ad un gruppo, se invece sono sola, ho paura e mi comporta da vigliacca?
Si, perché non avere il coraggio di scendere e dirmi in faccia che non era finita li, solo perché non sei spalleggiata, è solo un comportamento da vigliacchi!
E… Sapete com’è andata a finire?
Il giorno dopo, anzi sarebbe più giusto dire DAL giorno dopo, ogni volta che passavo davanti al gruppetto sito fisso nel corridoio tra atrio e bar, loro si dividevano in due gruppi, lasciandomi libero il passaggio e, non guardandomi in faccia, fingevano di non vedermi.
Da quel giorno in poi, non solo non mi hanno mai più infastidita ma non hanno mai più infastidito nemmeno una delle loro solite vittime se, per caso, si trovava vicino a me al loro arrivo.
Quindi. In conclusione, bullismo = forte in gruppo ma debole da solo.
Allora ti chiedo, come mi sono chiesta io, puoi davvero avere paura di soggetti simili? Come puoi permettere a queste persone di bassa qualità di farti provare paura?
È come avere paura di un piccolo scarafaggio, può farti ribrezzo al suo passaggio, ma non paura, perché di fatto uno scarafaggio non può farti male, al contrario ti basta alzare una gamba facendo atterrare il piede su di esso per poterlo addirittura uccidere.
Non possiamo permettere a queste persone con l’anima povera di toglierci la gioia di vivere, lo dobbiamo a noi stessi, alle persone belle che siamo, perché noi che non pratichiamo il bullismo abbiamo una qualità pazzesca che loro non hanno che si chiama UMANITA’ e che ci rende parte di una categoria di individui incredibilmente speciale.
NOTA: Le immagini sono tratte dal sito ACBS, previa nostra richiesta e puntuale autorizzazione. ACBS è un’associazione molto attiva nel combattere il bullismo nelle scuole
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