[di Anna Roberto]
Una serie di articoli sulla strada intrapresa dall’architettura e dall’urbanistica a difesa dell’uomo e del pianeta.
La “forestazione urbana”
Cambiare la struttura urbanistica di una città significa cambiarne la morale – Raffaele La CapriaStoricamente le aree urbane hanno devastato il territorio fino a non farlo più respirare, costringendolo in lembi di terra senza soluzione di continuità.
Ad oggi le aree urbane ospitano quasi il 60 per cento della popolazione mondiale, e fanno registrare il 75 per cento del consumo globale di energia e risorse naturali a fronte di un’occupazione del pianeta soltanto del 3 per cento del suolo!
Ma la corsa delle città non si sta fermando, anzi, queste sono in continua e inarrestabile crescita e affollamento. Le previsioni parlano di un ulteriore 60 per cento di area urbana che sarà ancora da costruire entro il 2030 con una concentrazione di popolazione cittadina che si aggirerà, entro il 2050, intorno al 70 per cento degli esseri umani di tutto il pianeta.
Non è possibile eludere il fatto che queste future espansioni avverranno prevalentemente in quelle aree del mondo già povere (soprattutto Asia e America Latina), aree che hanno un minor accesso alle opportunità progettuali di un’urbanizzazione sostenibile. Tutto ciò acuirà diseguaglianze, degrado, peggioramento della salute pubblica, corruzione e speculazione edilizia, porgendo su un piatto d’argento la possibilità di mettere “le mani sulle città” (per citare il film di Francesco Rosi).
Le megalopoli, le aree metropolitane, sono le maggiori responsabili dei cambiamenti climatici e d’inquinamento, con i conseguenti effetti sulla salute e sul peggioramento della qualità di vita.
L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha pubblicato una mappa che mostra la distribuzione delle aree maggiormente inquinate. Nello specifico e dettagliato studio sulla qualità dell’aria ha stimato che il 10% delle morti a livello mondiale sia imputabile all’inquinamento atmosferico, ossia almeno 3 milioni di morti l’anno, il 90% dei quali avviene in paesi poveri e con redditi medio bassi (solo in Italia si contano più di 21mila decessi l’anno e in Europa 420mila morti premature), numeri che raddoppiano (6 milioni!) se si considera anche l’inquinamento dell’aria domestica. Un’ecatombe.
E’ proprio dalle città, quindi, che deve scaturire la forza progettuale, l’imperativo e la responsabilità politica, economica e morale di una poetica architettonica sostenibile e di un’urbanistica innovativa che abbia la capacità di guardare lontano.Rompere gli schemi urbanistici e mentali per consentire una reale transizione ecologica all’interno delle città stesse e al contempo bloccare le espansioni urbane previste, creando dei “salvagenti” boschivi che restituiscano alle aree metropolitane il concetto di “confine”, selvaggiamente annullato negli anni passati da una spietata cementificazione portata avanti senza soluzione di continuità.
Questo processo ha trascinato dietro di sé la cancellazione – non meno importante -dell’umano bisogno di “appartenenza” e “riconoscibilità” del luogo in cui si vive.
Quindi la sfida da accettare oggi, e non in un futuro prossimo ed eventuale, non è solo il rispetto per l’ambiente del nostro pianeta, ma è quella di progettare “oasi” per favorire sia il benessere fisico che le interazioni sociali.
Per arrivare a ciò è necessario innescare quel modello di economia circolare basato su modularità, longevità, riparabilità e riciclabilità il cui processo scaturisce da un nuovo modo di pensare le città e un nuovo modo di agire in chiave urbanistica per ottenere vantaggi sia economici (dal punto di vista di un ritorno dei benefit ambientali) che salutari (con la diminuzione d’ inquinamento di acqua, aria, suolo, microclima, suoni).
Abbiamo bisogno di sognatori e visionari (la storia ne è piena e sono loro che passano alla storia), che con le loro visioni rendono possibile il realizzarsi di sogni giganteschi come quello delle “FORESTE URBANE”: riqualificazione delle grandi aree urbane, aumento del verde pubblico in città con la creazione di grandi parchi cittadini, orti urbani, giardini, viali alberati, piste ciclabili, pezzetti di bosco al limitare o all’interno delle città, chiusura dei centri storici al traffico, incentivazione all’uso dei mezzi pubblici, creazione di vie d’acqua metropolitane per arginare l’innalzamento della temperatura estiva.
Il concetto di foresta urbana, nato qualche decennio fa, si è sviluppato in Nordamerica ed è riferito a tutto l’ecosistema urbano e periurbano che ruota attorno al patrimonio arboreo (non solo all’albero in sé per intenderci).
Portare i boschi in città genera un microclima che produce umidità e ossigeno, assorbe particelle di anidride carbonica e polveri sottili, regola la temperatura moderando il freddo invernale e offrendo frescura in estate, limitando i problemi climatici e d’inquinamento. Gli alberi, inoltre, garantiscono l’arricchimento della biodiversità, donando rifugio a molte specie di uccelli e proteggendo organismi essenziali per la nostra sopravvivenza su tutti le api.
E’ l’unica strategia possibile contro il riscaldamento globale.
Sono 59 le città pioniere per la pianificazione e il mantenimento di “foreste urbane”, che hanno ottenuto il riconoscimento internazionale dalla Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) e dalla Arbor day foundation per il loro impegno a partecipare al programma Tree cities of the world che, citando Dan Lambe, presidente della Arbor day foundation, “mira a creare una rete internazionale di città che condividano conoscenze e buone pratiche per la corretta conservazione delle foreste urbane e degli spazi verdi”.
Tre le città italiane Milano, Torino e Mantova, accanto a Dublino, Parigi, Lubiana, New York, San Francisco e Toronto, Quito, Erevan, Bradford, Thunder Bay ,Tempe.
Alcuni esempi in Italia
Milano – “Un albero alla volta”
Dopo il Bosco Verticale, Milano sta vivendo un momento storico di continuo fermento progettuale in direzione della forestazione urbana.L’ambiziosa, ma fattibile scommessa della città, che pone le basi nel progetto Forestami, è quella di piantare, entro il 2030, all’interno della città metropolitana almeno un albero per ogni abitante, ossia 3 milioni di alberi, il che significa un aumento del verde cittadino del 50% in più rispetto ad oggi. Soggetti principali della piantumazione saranno i parcheggi, gli ex scali ferroviari, i cortili delle scuole, i viali.
Piazza Loreto (Progetto LOC – Loreto Open Community)
Tra le piazze più trafficate di Milano è uno snodo importante che collega i quartieri periferici della città con il centro e la Stazione Ferroviaria Centrale.
Sono previsti 10.000 mq di spazio pubblico a verde con la piantumazione di oltre 500 alberi, specchi d’acqua, 1.300 mq di tetti verdi e 4mila mq di pannelli fotovoltaici.
“Piantare gli alberi nelle nostre città, rendendoli protagonisti di tetti e facciate è il modo più efficace, economico e coinvolgente per rallentare il riscaldamento globale, ridurre i consumi e pulire dalle polveri sottili l’aria che respiriamo” – Arch. Stefano Boeri, Presidente del Comitato Scientifico di Forestami
Inoltre si vuole sperimentare il coinvolgimento della cittadinanza attraverso “The call of the urban wild”, un punto di ascolto per avanzare le necessità e proporre idee.
Torino – Parco Sangone quartiere Mirafiori Sud
Anche a Torino si punta su un nuovo modello di sviluppo più sostenibile e resiliente per la rigenerazione urbana. All’interno del parco Sangone nel quartiere Mirafiori Sud della città, una grande foresta urbana fa da polmone per l’intera città. Un anno fa sono già stati paintati 10.000 nuovi alberi. L’obiettivo è giungere alla piantumazione di 35 mila alberi di specie autoctone, tra cui pioppo nero, frassino, tiglio, acero, sambuco che consentiranno l’assorbimento di oltre 100 tonnellate di CO2 all’anno, favorendo l’arricchimento di biodiversità e la creazione di nuovi spazi aggregativi.Non solo il parco Sangone. Il progetto di forestazione urbana toccherà tutte le aree verdi del centro (in primis i Giardini Reali), i viali più trafficati, i corsi e i giardini di tutte le circoscrizioni, oltre alla riqualificazione e nuove piantumazioni all’interno del Parco della Pellerina, del Parco Stura, del Parco Piemonte e dei Laghetti Falchera.
Alcuni esempi nel mondo
Londra
La città, nel suo complesso è la più grande foresta urbana del mondo con i suoi oltre otto milioni di alberi su 157.000 ettari a verde. uno straordinario esempio di grande foresta urbana.
.Liuzhou – Cina meridionale
E’ in Cina che l’Architetto Boeri sta progettando la prima città-foresta del pianeta.
Secondo il sito web di Boeri “Per la prima volta in Cina e nel mondo, un insediamento urbano di nuova generazione unirà alla sfida dell’autosufficienza energetica e dell’uso delle energie rinnovabili la sfida dell’incremento della biodiversità e quella – cruciale per la Cina contemporanea – di ridurre sostanzialmente l’inquinamento dell’aria nelle grandi città, grazie alla moltiplicazione delle superfici vegetali e biologiche urbane.”.
Parigi
Serviranno più di 50 anni per vedere realizzato il sogno ambizioso di questa grande città la cui foresta risulterà cinque volte superiore a quella del Central Park di New York.
Lubiana
La capitale slovena è annoverata tra i più riusciti modelli di sostenibilità ambientale sia per l’organizzazione dello spazio urbano che per la fruizione dei mezzi di trasporti pubblici che sono stati migliorati e potenziati con l’obiettivo –conseguito- di far rinunciare agli abitanti all’utilizzo dell’automobile.Non è l’architettura a dover imitare la natura, è la natura a dover essere considerata parte essenziale dell’Architettura.
Tornare alla natura è la grande sfida per il futuro ed è una questione profondamente politica e culturale.
Rallentare il riscaldamento globale e l’inquinamento sono gli obiettivi principi, che trascinano con sé un triplice impatto positivo: sociale, ambientale ed economico.
Ognuno può iniziare a farlo dal proprio balcone, dal proprio quartiere, dai propri spazi.
Perché è dell’uomo la lotta più ardua, quella contro se stesso in difesa del Pianeta.
Ringrazio questo articolo che mi ha dato una possibilità di riflessione. Leggerlo mi ha fatto ripensare a quante possibilità sprecate in nome del profitto. Alcuni progetti non li conoscevo. Interessanti sia dal punto di vista dello stile che della sostenibilità. Anche se temo che, soprattutto in Italia, siano delle briciole più a vanto di chi li ha progettati e realizzati, che degli esempi di fattibilità utili al rinnovamento in senso più ampio per una città sostenibile.
Non posso parlare di realtà che non conosco, ma per quanto riguarda Milano, il cambiamento per ora è solo di facciata. Il Bosco Verticale un bell’esempio, ma inattuabile in larga scala, con costi di mantenimento alla portata solo di miliardario. Dalla giunta Albertini in poi è stato un susseguirsi di incentivazioni alla costruzione più sfrenata, a cui non è seguito un adeguamento delle infrastrutture. Gli indici di edificabilità si sono alzati a dismisura, in nome di una speculazione che ha cambiato il volto della città e riempito molte tasche. Non ne faccio una questione di bello o brutto, ma di equità e vivibilità in armonia con una natura che stenta a vedersi. Basti pensare al progetto del nuovo stadio: un’area di 5 ettari, ora verde con più di 100 alberi ad alto fusto, che verrà quasi completamente cementificata, lasciando solo qualche ettaro di verde, che impallidisce davanti a quello che verrà costruito.
La torta da spartire è ancora grande (vedi per esempio gli ex scali ferroviari) e non prevede una visione di una città in cui diminuirà l’inquinamento e la Natura sarà vista come la Maestra da seguire, anziché il denaro.