[Di Miramondi Ernesto]
RIFLESSIONI SU QUANTO E’PERCEPITO E QUANTO E’ REALE

[Murales a Orgosolo foto di E.Miramondi]
Sentirsi impotenti di fronte all’operato di Stati che violano ostentatamente il diritto internazionale, a centri di potere economico che si muovono facendo un uso indiscriminato della violenza sia fisica che verbale, in barba a qualsiasi strumento di legalità che l’umanità si è dotata.
Si instaura, o viene somministrata goccia dopo goccia, la sensazione che il mondo non è un luogo sicuro e che vince chi possiede la maggiore deterrenza, il più forte!
Eh, si sa, il fine giustifica sempre il mezzo e così accade che gli strumenti per la gestione del potere diventino sempre più armi sofisticate, come quelle fabbricate in Israele, per esempio, e vendute in tutto il mondo. Armi altamente sofisticate e dotate di intelligenza Artificiale (AI), garantite perché ampiamente testate su campo, direttamente sulla pelle di migliaia di palestinesi nella più estesa prigione a cielo aperto del mondo: la striscia di Gaza.
Come i droni assassini, dotati di riconoscimento facciale e teleguidati da remoto, uccidono in modo impersonale, più feroci degli stessi soldati che sparano a chiunque viene loro a tiro; tanto “sono tutti animali”, “sono tutti colpevoli”. Colpevoli d’esistere, quando c’è chi ti vuole prendere la terra, la casa, l’acqua, l’aria e la vita stessa!
Vien da chiedersi com’è possibile che uomini di Stato, seppur perseguendo una qualsivoglia scellerata strategia politica, possano accettare anzi avallare gli eccidi di migliaia di esseri umani.
In tema di scellerata ingiustizia, torniamo a quanto sta avvenendo a Gaza e nella Cisgiordania; come possono mai essere accettati simili soprusi?
Un’agonia che dura da decenni e che viola qualsiasi diritto internazionale! Anche dopo le proclamate tregue, in Cisgiordania vengono rasi al suolo interi quartieri e i cecchini sparano!!!!!
Eppure se guardiamo da vicino chi è colpito da tanta crudeltà, scopriamo che si tratta di persone a noi molto vicine, culture affini da cui in parte discendiamo.

[flickr-Gaza City 2010 Photo:Natalia Cieslik/World Bank licenza CC BY-NC-ND 2.0]

[Gaza city 2024- licenza d’uso CC0 1.0 Universal]
Atti non dissimili accadono purtroppo anche in altre parti del mondo, arrivano a noi solo echi e resoconti, notizie frammentate ma terribili; il sanguinoso conflitto nel Congo e quello in Myanmar, lo sfratto del popolo dei Masai in Tanzania, gli omicidi perpetrati contro gli Indios della foresta amazzonica e tanto, tanto altro ancora.
E intanto le potenze mondiali giocano le loro partite geopolitiche su una scacchiera grande come il mondo intero con un’arroganza e un’esternazione di potenza di fuoco da mettere i brividi.
E se il nostro sguardo, la nostra attenzione si dovesse arenare solo su quanto sopra descritto ci sarebbe davvero di che rimanere annichiliti, sperduti e incapaci di formulare pensieri.
E forse è proprio su questo che puntano certe forme di potere che personalmente identifico con il male; attuare un progressivo spostamento percettivo della realtà, una sostanziale sostituzione del valore speranza, con quello della paura, generando così una costante sensazione di minaccia, indefinita e senza riferimenti sicuri, che mina la percezione del futuro.
E così accade che per molti diventi quasi giocoforza affidarsi alla corrente del “pensiero comune” o smettere di essere partecipi perché tanto “qualsiasi cosa si desideri, poi, fanno quello che ne hanno voglia” e “chi siamo noi, persone invisibili per poterci opporre al volere di forti poteri, dotati di una grande disumanità e che neanche lo Stato di Diritto può limitare?”.
Se tutto ciò e vero, è anche vero che l’umanità porta in sé i giusti anticorpi!
Quando ci si sofferma davvero ad ascoltare il respiro del mondo, si scopre che non ci si può limitare solo a quanto scritto sopra.
Certo esiste una grande massa di persone il cui pensiero appare obnubilato, assente, davvero incurante dei problemi del mondo, convinti come sono che non saranno mai toccati in prima persona, ma fortunatamente esiste anche una vasta fetta di umanità che, nonostante tutto, ha saputo mantenere intatto il suo senso critico e non si è lasciata soggiogare dall’informazione mainstream, un pensiero comune calato dall’alto e strombazzato da quasi tutti gli organi di comunicazione in modo così aggressivo da oscurare e delegittimare qualsiasi altra forma di libero arbitrio, anzi!
Questa umanità la troviamo in ogni parte del mondo, ad operare nelle associazioni di varia natura, nei circoli grandi e piccoli, negli atenei e nelle fabbriche, impegnata a derimere problemi sociali di ogni tipo, dalla promozione della pace alla difesa dei diritti e della dignità dei più deboli.
La troviamo in mille produzioni letterarie e culturali, ma anche nelle piazze a esprimere il dissenso, a denunciare gli abusi, a chiedere giustizia, come accade ogni sabato, da oltre un anno, nei cortei pro-Palestina.

[Sulla guerra, Gino Strada foto di E. Miramondi]
Un’umanità resa invisibile perché non fa comodo al sistema e viene puntualmente oscurata.
E che dire di chi milita in associazioni che operano in situazioni difficili, come Emergency, Amnesty International, Medici senza Frontiere e tante altre, nei teatri di guerra di tutto il mondo a invocare la pace come diritto inalienabile ma anche curandone le vittime.
In mare a soccorrere i migranti, o come Elena, una militante di Assopace Palestina che, come altri volontari, ha più volte frapposto il proprio corpo tra la violenza dei coloni israeliani e i contadini palestinesi in Cisgiordania, per proteggerli dalla violenza.

[Bambini-scuola a Gaza in una tenda – da un filmato di “Vento di Terra”]
Un unico filo che lega molte persone, fatto di atti di solidarietà e giustizia e spesso trattato da paria, avversato dai media se non addirittura vessato con atti persecutori da parte di governi complici.

[Striscione dei “Combattenti per la Pace”]
Certo tutto questo non ha fermato le armi né le distruzioni e neppure ha lenito più di tanto la disperazione di migliaia di esseri viventi ma stabilisce un principio di solidarietà universale così forte da riuscire a perforare la cortina di complicità di interi stati.

[Ritratto di Gino Strada – foto E.Miramondi]
Tutto questo è motivo di riflessione proprio sui temi del “ricordo” e inevitabilmente della Shoah.
A parer mio vi sono parole che di per sé hanno un valore compiuto e una forte valenza simbolica, imprescindibile. Pietre miliari, linee guida di un percorso su cui fondare un’intera società.
Parole come “antifascismo”, “olocausto”, “resistenza”, …, hanno di loro un significato intrinseco profondo, inalterabile che non può mutare ad uso del momento per proprio uso e consumo, può solo essere analizzato e usato con cura, per non svilirne la natura.
Ed è qui che acquista importanza “la memoria storica”, per ricordare e comprendere il significato profondo di certe parole, contestualizzandole nel periodo storico in cui sono accadute e soprattutto nei fatti che le hanno caratterizzate.
La narrazione degli eventi, le responsabilità, i motivi e l’orrore indicibile in cui sono sprofondate insieme agli innocenti e colpevoli che le hanno vissute.
In quest’ottica la celebrazione del 27 di Gennaio “il giorno della memoria”, promulgata come legge nel Luglio del 2000, nei due articoli che la compongono traccia un quadro preciso dei ruoli e delle responsabilità negli avvenimenti che hanno portato allo sterminio di 6 milioni di ebrei, una delle pagine più buie dell’umanità tutta, ma non vuole limitarsi a questo; ricordare deve avere un senso compiuto, non deve essere solo una celebrazione ma soprattutto deve essere un atto di vigile attenzione affinché queste cose non debbano più accadere.
Rivivere gli avvenimenti per capire cosa ha mai potuto determinare quella enorme pazzia collettiva che ha prodotto i campi di sterminio, la Shoah, i campi di internamento e la morte di milioni di individui di cui: i 6 milioni di ebrei, ma anche i 4 milioni tra polacchi, bielorussi e ucraini, i 3 milioni di russi, 2 milioni di prigionieri politici, 300 mila serbi, 25 mila sloveni e i 10 mila omosessuali e un numero imprecisato tra Rom, comunisti e persone scomode per qualsivoglia motivo. Aggiungerei, anche se di matrice diversa, l’eccidio di migliaia di italiani gettati vivi nelle Foibe tra il ’43 e il ’45 dai partigiani di Tito.
Numeri impressionanti, da rendere imprescindibile mantenerne viva la memoria in un mondo i cui i corsi e ricorsi storici avvengono proprio perché ci si dimentica sempre degli accadimenti e si torna inevitabilmente sugli stessi appetiti che hanno scatenato gli eventi passati.
Impossibile negare, far finta o addirittura sminuire la portata di quanto è accaduto! Per tutto questo è fondamentale la giornata del ricordo, per avvalorare l’esigenza e l’importanza di mantenere sempre viva l’attenzione, indagare sulle cause che hanno portato agli avvenimenti e lanciare segnali di allarme quando si stanno verificando condizioni che hanno le stesse matrici di quanto è già accaduto.
Così dovrebbe essere ma così non è.
Basta guardarsi attorno, alle guerre in atto, alle politiche liberticide e scellerate di questo o quello Stato ma soprattutto nell’esercizio del non vedere, del girare nuovamente la testa di fronte alle palesi violazioni.
L’ipocrisia di fronte al male, per paura o per convenienza o per entrambe le cose.
E il male, si sa, non ha una genesi unica, nessuno ne è indenne, neanche chi per ragioni storiche dovrebbe esserne refrattario, anzi dovrebbe essere tra i maggiori garanti dello stato di diritto, come chi ha vissuto gli orrori della Shoah.
Ora quello stesso Stato che si professa rappresentativo di tutto il popolo ebraico, anche se molti ebrei, soprattutto della diaspora, non si sentono affatto rappresentati da quello che sta avvenendo in Israele, sta attuando, con la stessa spietata determinazione dei nazifascisti della Shoah, pratiche di genocidio e persecuzione di un popolo.
E’ paradigmatico che chi celebra con grande solennità la “giornata della memoria “per non dimenticare, poi, accecato da un folle desiderio di sopraffazione, compia atti simili.
Basti pensare com’è stata ridotta la striscia di Gaza. Uno spazio chiuso di poche decine di chilometri quadrati pieno di macerie prodotte da tonnellate di bombe, centinaia di migliaia di morti e due milioni di persone costrette a vivere all’addiaccio senza viveri né acqua né cure mediche e in preda alle peggiori epidemie. Anche se la tregua tiene e non dovessero più bombardare, per le condizioni in cui versa il territorio e gli abitanti, le persone continueranno a morire.
Azioni perfettamente pianificate, come quelle in Cisgiordania, volutamente create per rendere inospitale la terra ai legittimi proprietari e costringerli alla resa e alla deportazione com’è già accaduto con la Nakba.
Quale profonda tragedia reca con se la febbre sionista! Ha ucciso il sogno di chi è approdato in quelle terre fuggendo dagli orrori delle persecuzioni raziali alla ricerca di un luogo dove vivere in pace, ha preso possesso del cuore e dei pensieri delle persone rendendole aride e prive dell’umanesimo e della spiritualità che contraddistingue chi è portatore di pace.
Ma la pace è sempre frutto del buon governo, della tolleranza e dell’uguaglianza tra le genti.
Che senso dell’umano vivere avranno tutti quei giovani soldati, e sono molti, che hanno partecipato in prima persona ai massacri o quelli che fiancheggiano e proteggono i coloni, che altro non sono se non scalmanati assassini, mentre bruciano scuole, case e uccidono il bestiame di inermi contadini. Che senso della giustizia conserveranno e che valore daranno alla vita degli altri quando rientreranno nella vita civile.
E che senso potrebbe mai avere la grande Israele, “eretz yisshar’el” terra per soli ebrei, racchiusa su sé stessa dal fiume al mare e dove i pieni diritti sono solo per egli ebrei così come recita la legge del 2018 voluta da Netanyahu: “Uno stato per gli ebrei e solo per gli ebrei”. Di fatto un immenso ghetto xenofobo e razzista.
Ci aveva visto giusto già nel ’47, nella sua prefazione a “Se questo è un uomo”, Primo Levi:
“.. A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che <<ogni straniero è nemico>>. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come un’infezione latente; si manifesta solo con atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.”
E direi che ci avevano visto giusto anche Albert Einstein e Hannah Arendt già nel ’48, con la lettera sulla deriva fascista di Israele, inviata al New York Time, e firmata da 28 intellettuali ebrei.

[Milano-Manifestazioni di sabato pro-Palestina foto E. Miramondi]
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