[di Anna Roberto]
Come si riesce a manipolare un appello
Un mio professore delle superiori soleva portare i quotidiani in classe. Diversi quotidiani. Ci faceva leggere i titoli e poi ce li faceva commentare chiedendoci cosa, da quei titoli, ci arrivasse della notizia.Solo dopo ci faceva approfondire la notizia stessa facendocela leggere dalle diverse testate e cercando il più possibile di farci andare alla fonte. Potevamo notare che spesso il titolo era d’effetto ma lontano dall’effettivo.
Ci stava allenando a quella che oggi chiamano “comprensione del testo” dimostrandoci come i media riuscissero a indirizzarne il contenuto.
Senza molti proclami, attraverso ognuno dei nostri ragionamenti, ci stavamo esercitando alla libertà di pensiero.
Per leggere, oggi, l’attacco mediatico dell’ambasciatore israeliano in Italia Alon Bar contro il rapper Ghali, partiamo proprio da qui, dalla comprensione del testo e dalla libertà di pensiero.
Sanremo 74° Festival della canzone italiana. Il cantante Ghali alla fine dell’esibizione del suo pezzo “Casa mia” lancia l’appello “Stop al genocidio”. Il diplomatico israeliano, sentendosi chiamato in causa, dichiara “Ritengo vergognoso che il palco del Festival di Sanremo sia stato sfruttato per diffondere odio e prevaricazione in modo superficiale e irresponsabile”.
Ora, alla luce di quanto sta accadendo in Palestina e nello specifico, nel momento in cui scrivo, a Rafah nel sud di Gaza dove sono sfollati e ammassati 1 milione e mezzo di persone senza acqua, né cibo, né riparo, né ospedali dove poter essere soccorsi dopo i bombardamenti.
Senza possibilità alcuna di fuga, mentre Israele continua a sferrare violenti attacchi via cielo, terra e mare. Dove per noi da qui non è nemmeno immaginabile l’orrore che quel popolo sta vivendo, le parole di Gali sono a mio avviso più un monito, un desiderio di fermare quello che ha tutta l’aria di essere l’ennesimo massacro.
Forse il più cruento, contro una popolazione che è stata coinvolta in decine d’altri teatri di guerra e massacri e che ora non ha nessuna, proprio più nessuna reale via di fuga.
Pertanto Ghali ha chiesto dal palco di fermare la distruzione di un popolo e a me, personalmente, non pare obiettivamente ravvisabile l’incitamento all’odio, anzi.
Eppure è stato accusato proprio di questo. E personalmente non ravviso neppure un atto di “superficialità e irresponsabilità”.
Del resto, le tematiche sociali sono sempre state parte del repertorio di Ghali, del suo mondo espressivo “Ho sempre parlato di questi temi da quando sono bambino. Non dal 7 ottobre”.
“E per cosa devo usare questo palco? Io sono un musicista da prima di questo palco”. Cos’è l’arte se non uno spazio di libertà, la capacità di leggere la realtà, esprimerla, smuovere le coscienze, oltre al fatto che, aggiungo, è diritto di ogni cittadino la libera espressione del pensiero.
La canzone, inoltre, era stata (per fortuna) accettata al Festival. Ed è proprio qui che emerge una questione inquietante.
E’ stata sufficiente l’alzata di scudi della comunità ebraica per cambiare le carte in gioco, alterando completamente il significato dell’appello di Ghali e mettendo in luce un potere mediatico con cui è necessario fare i conti.
Le dichiarazioni, dell’ambasciatore israeliano Alon Bar da una parte e di quella di Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, che aveva apertamente attaccato il testo di Ghali accusandolo di “propaganda antisraeliana” e di Noemi Di Segni, presidente delle Comunità ebraiche italiane dall’altra “auspico che almeno all’Eurovision non si verifichi alcun episodio di distorsione e boicottaggio”, sono a mio avviso un’ingerenza preoccupante, un fuoco incrociato per far emergere, con forza, la propria ragione tarpando le ali e creando un regime di paura verso la libera espressione.
E tutto passa per normale… anche se di normale non c’è proprio niente
Ma, come fate a dire che qui è tutto normale
Per tracciare un confine
Con linee immaginarie bombardate un ospedale
Tuttavia le opinioni restano opinioni se non sottese da fatti a dir poco incresciosi.
Infatti durante la trasmissione domenicale post festival arriva un comunicato dell’Amministratore delegato della RAI Roberto Sergio fatto leggere dalla presentatrice Mara Venier che alla fine aggiunge “Sono parole che ovviamente condividiamo tutti”.
Il comunicato dell’AD recita “Ogni giorno i nostri telegiornali e i nostri programmi raccontano – e continueranno a farlo – la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas, oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre. La mia solidarietà al popolo di Israele ed alla comunità ebraica è sentita e convinta”.
Intervento spinto da Maurizio Gasparri, componente della commissione di vigilanza sulla Rai, di Forza Italia: “Leggo con tristezza l’intervento sui social dell’ambasciatore di Israele, che giustamente depreca alcune affermazioni fatte al Festival di Sanremo, che secondo lui sono servite ‘a diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile’. La Rai ha perso un’altra occasione. Spero che i vertici dell’azienda si scusino con le autorità di Israele ed attuino interventi riparatori”.
Tutto questo anche se fino a pochi istanti prima la Venier aveva elargito complimenti e applausi non solo a Ghali (“canzone bellissima, che fa pensare, bravo, elegante, intenso”), ma anche ad una Fiorella Mannoia che senza troppi complimenti ci lasciava dal palco dell’Ariston (la sera della finale e poi nella domenica pomeriggio) con quel “Restiamo Umani” con cui Vittorio Arrigoni, attivista per i diritti umani, concludeva tutti i suoi articoli proprio dalla Palestina.
Ora, alla luce di quanto sopra, credo legittimo farsi l’idea che una certa sudditanza delle leadership che guidano il nostro paese di fronte ai poteri forti sia piuttosto palese.
Tutto questo è vergognoso e non certo l’integrità di un ragazzo che esercita nella sua musica la libertà di pensiero unita alla coerenza del suo testo, senza paura alcuna.
Nemmeno quando mette in luce quanto il terrorismo mediatico tenti di ribaltare il pensiero di quanti sono contrari a qualsiasi guerra, perché, come lo stesso Ghali ha aggiunto: “avere paura nel chiedere la pace è assurdo”.
Vanno poi ricordati i fatti di Napoli, dove la polizia ha caricato pochi manifestanti che volevano solo attaccare uno striscione.. Che una risposta eccessivamente violenta stia diventando la normalità?
Casa mia,
Casa tua,
Che differenza c’è? Non c’è
Ma qual è casa mia
Ma qual è casa tua
Ma qual è casa mia
Dal cielo è uguale, giuro
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