[Dei Cünta Sú]
ECCOCI DI NUOVO ALLA PIEVE DI COLOGNO MONZESE
CON LA REPLICA DI IMMAGINARIA
Varchi, abissi e folgorazioni di una passeggiata sulle spalle dei giganti tra pittura, cinema e fotografia
Una lettura scenica (mise en éspace) con immagini, musiche e ricordi che propone una diversa modalità di approccio al linguaggio visivo che scardini il procedere per categorie chiuse e tra loro disgiunte.
Lo spettacolo si svolgerà il 25 di febbraio dalle ore 16:30 presso “La Pieve” di Cologno Monzese.
Il punto di partenza è il contatto emotivo con un’immagine (pittorica, fotografica, cinematografica).
Attraverso la scelta di opere emotivamente significative si affrontano le principali tematiche di studio (contesto storico, luce-ombra, composizione, spazio-tempo etc.) tenendo sempre in considerazione la rete ininterrotta di relazioni che si instaurano tra le diverse discipline comunicative, le quali, pur mantenendo ognuna la propria specificità, nel ricevere un reciproco e continuo nutrimento si arricchiscono in un flusso ininterrotto di legami e richiami.
Questo ribaltamento metodologico, poiché prepara l’occhio a “vedere” nel “sentire”, consente l’elaborazione e l’appropriazione di un personale linguaggio, schiudendo infinite variabili nella scoperta di nuove direzioni possibili e opportunità di espressione.
Accade così, che nell’iniziare a “pensare in modo artistico”, concedendosi alla creatività, aprendosi al contatto con le emozioni e le percezioni, si potrà sviluppare qualcosa di molto potente che è il concetto di identità.
La cui costruzione dura tutta la vita.
Difatti, benché oggi il nostro sguardo sia sovraccaricato di immagini che passano ad una velocità tale da farle risultare il più delle volte irrilevanti, incamminarsi nei meandri dell’arte visiva significa accettare un viaggio che al contrario necessita di lentezza, necessita della costruzione di un pensiero che sta dietro ad ogni immagine, significa superare gli stereotipi allenandosi a quel “saper osservare” che passa attraverso tutto l’alfabeto visivo che ci trasciniamo dentro affinché la nostra espressione e il nostro pensiero siano equipaggiati di significato e fondamento.
La storia della rappresentazione è un continuo dialogo tra persone che solo per puro caso hanno vissuto in epoche diverse, ma che attraverso l’arte possono continuare a colloquiare.
Un orologio a cui è possibile spostare le lancette per seguire le orme lasciate sul cammino dai grandi maestri. Tessere di un immenso mosaico di bellezza creativa a cui ci è data la possibilità e la fortuna di essere partecipi.
L’incontro con i “giganti”, maestri che ci accompagnano e che toccano la nostra ispirazione, suggerisce l’opportunità d’incamminarsi, affinché le cose possano emergere, fluttuare, prendere forma.
Se il nostro sguardo si pone all’ascolto del nostro pensiero e del nostro cuore, non fatica ad emergere e riesce a narrarsi, perché l’affidarsi anche alla nostra sensibilità per “leggere” un’immagine, non dà solo spazio all’innamoramento delle arti visive, ma nutre la potenzialità creativa di un percorso espressivo e comunicativo della personale narrazione di ognuno.
Il bombardamento di immagini che subiamo fa sembrare che tutto sia “già stato detto”, ma la nostra storia, la personale storia di ognuno nel mondo non è stata detta. Dobbiamo solo poterci mettere in gioco e smuovere la nostra energia, ridestare passione, forza, vitalità verso qualcosa di nuovo e di ignoto. Scavare dentro la propria storia, assimilare riferimenti visivi e non visivi e poi.. “dimenticarli” per ritornare a se stessi, per narrare e creare la personale visione del mondo. Ossia per “ricostruire il mondo”.
Qual è il compito dell’arte se non quello di mostrare spiragli, aprire varchi, creare vertigini? Perché non avvicinarsi all’arte attraverso questi varchi, nel tentativo di affrontare il grande viaggio verso la conoscenza del mondo, la comprensione dell’altro e il significato della vita a cui tutti siamo chiamati?
Viaggio in cui l’arte è una zattera che ci consente di navigare in un mare senza porti.
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